Berlino. Una città da capire.

DI Chiara Maci | 4 Feb 2013
Non è una città facile, Berlino.
Non è una di quelle città che riesci a visitare con spensieratezza.
In pochi giorni non ti soffermi su negozi e shopping selvaggio.
Berlino è un pezzo di storia. Berlino è un pezzo di muro caduto e un pezzo di muro rimasto. Berlino è una Germania che ti ricorda in ogni dove la sua grandezza, ma di cui non riesci a cogliere un’identità ben precisa.
E’ stata la mia prima volta, a Berlino.
La città più bella d’Europa, per molti. Una città da capire, per me.



Negli ultimi mesi ho viaggiato tanto. E mi sono avvicinata alle diverse capitali in punta di piedi, come se volessi scoprirne a poco a poco i segreti. Ma i week end durano poco e, nonostante l’ingordigia di storie, fotografie e visite, non sempre si riesce a scoprirne l’anima.
Vienna, ad esempio, l’ho capita appena arrivata. Mi sono sentita a mio agio e sono riuscita ad emozionarmi in un roseto, guardando i volti della gente, in un pomeriggio di primavera.

Berlino è devastante.



E’ immensa e spaventa, ma allo stesso tempo rassicura e abbraccia.
I berlinesi sembrano non preoccuparsi di te. Sorridenti, mangioni e molto “easy”. Educati al rispetto. Questa l’idea che danno.

I miei tre giorni sono stati scanditi da 3 elementi importanti. Il primo, ovviamente, il cibo. Il secondo, la storia. Il terzo, i pensieri che inevitabilmente mi porto dietro ovunque vada (no, non fuggo da me stessa. semplicemente non stacco neanche quando parto per un altro continente).

Iniziamo.
Primo giorno. Capire Berlino. Le basi.


Da Postdamer Platz (dove avevamo l’albergo) al Checkpoint Charlie, il posto di blocco che collegava il settore sovietico (Mitte) con quello americano (Kreuzberg).

Turisti, tanti. Fotografie con finte sentinelle in divisa originale, ricordi in vendita su bancarelle di passaggio, quasi fosse un fenomeno da baraccone, quel precedente luogo. Cattivo gusto, troppo.



Mentre cammini per il centro di Berlino non capisci se ti trovi nella parte est o ovest e non trovi insegne a ricordartelo. Guardando in basso, lungo la strada, puoi trovare incisioni che ti suggeriscono che li sorgeva il muro o puoi affidarti ai famosi omini dei semafori, che sono diventati un po’ il simbolo della nuova Berlino.


Friedrichstrasse è la via dei negozi, quella che una volta era divisa dal Muro e ora è diventata centro di shopping e grandi centri commerciali (es. LaFayette). La percorriamo velocemente, per poi buttarci sul viale per eccellenza, il viale sotto i tigli: la Unter den Linden.

Maestoso, enorme ed elegante.

Ti guardi intorno e non riesci a capacitarti delle dimensioni, abituata ai nostri spazi, sempre più ristretti e caratteristici. E guardi davanti a te e vedi la Porta di Brandeburgo e allora non puoi non fermarti.



Anche qui finte guardie in divisa, turisti, fotografie. Non ci faccio caso. Proseguo verso il Parlamento.

Il periodo Natalizio rende magica ogni città. Figuriamoci Berlino.

Nella piazza delle chiese gemelle (una meraviglia di architettura e di armonia globale), il Gendarmenmarkt.


E qui specialità culinarie tedesche si sposano con ricordi francesi, italiani e austriaci.


E quindi currywurst, ma anche raclette, pizza e schnitzel. Il tutto inondato di birra, tazze di vin brulè e composti altamente alcolici e bollenti.


Primo fra tutti, un pane di segale con erba cipollina, formaggio tipo gruyere e salsiccia.
La mia faccia non mente.


Da lì, un mercato di Natale dopo l’altro.
E via con assaggi obbligatori di specialità locali, ma anche ricordi di infanzia, regali da comprare, smalto color melanzana che inizia a sbiadire, malinconie pre-natalizie, mancanze in evidenza, fotografie di quel muro e immagini che sembra di aver vissuto, ma che in realtà hai visto solo in televisione, persone che vanno, persone che vengono. Confusione.


AlexanderPlatz non mi entusiasma.
La visita alla ex torre televisiva da cui poter guardare Berlino a 360°, nemmeno.
Raccolta e caratteristica invece la zona di Hackesher Markt. Tanti ristorantini e negozietti da vedere.



Ovviamente le cose più inutile le ho comprate io. Per la gioia del mio bagaglio a mano a rischio esplosione.
La cena, a Kreuzberg.

Il ristorante “Austria”, tipicamente Austriaco, famoso per la migliore schnitzel della città. Impossibile non fermarsi. Due consigli:
1. prenotate
2. se ordinate una schnitzel ve ne arrivano due, le loro porzioni sono assurde.

Se volete assaggiare anche qualcos’altro, vi consiglio un piatto in due.
Il cameriere, sorridente e di compagnia, al mio commento “la porzioni sono enormi”, mi guarda e mi dice “siamo in Germania, baby”.
Ok, tutto chiaro.





Il secondo giorno inizia con qualche scatto a Postdamer Platz, con quel che resta del muro, il Sony Center e il mercatino di Natale.
Da li, Tiergarten. Attraversando l’omonimo muro, un autunno berlinese da ritrarre. Ogni foto, un quadro. Senza nessuna tecnica, ma con colori ed equilibri magici.


E il Troder und Kunstmarkt, il famoso mercatino delle pulci dove trovare antiquariato, libri e oggetti strani, ma anche Charlottenburg e il mercato dei contadini, mio luogo tanto amato, dove sarei rimasta l’intera giornata tra frutti strani e verdure colorate.


Vi capita mai di guardare la gente cosa compra, al mercato? Lo ammetto, io lo faccio. Sono un’inguaribile curiosa, forse. Ma adoro immaginare cosa prepareranno, una volta a casa. Come apparecchieranno, come siederanno a tavola. Mi ha sempre incuriosito la vita degli altri. Mah.



Per il pranzo, altra zona. Direzione Kunfursterdam (ma la vecchia chiesa è in restauro, quindi coperta da pannelli osceni), poi Wittemberg Platz, in zona KaDeWe, il centro commerciale più grande di Berlino. E non solo.
Lì, il miglior Currywurst di Berlino, da Witty’s.



Baracchino biologico con una fila incredibile e prezzi tripli rispetto al normale.
Ma ne vale la pena. Ordinate un currywurst mit derm (e qui ringrazio la guida utilissima di Maricler e Fabrizio del blog “The chef is on the table”) con patatine e non ve ne pentirete.

La cena, invece a Orianenburg, con salsicce di maiale, crauti e purè al rafano.
Il nome del ristorante sto cercando di ricordarlo, vi aggiorno.
(Ok, ve lo dico. Avevo scritto tutto su un foglio, per fare una recensione super dettagliata. Il foglio è rimasto in aereoporto a Berlino. Non dite niente, please.)



Ultimo giorno, visita obbligatoria all’East side Gallery e alla Topografia del Terrore, all’interno di quella che era la sede della Gestapo. Fortemente toccante. Pochi turisti e molti anziani. Un pezzo di storia, fino al 1945, raccontata attraverso scatti non sempre adatti a tutti. Ma necessari.



Infine, potevamo non visitare lo zoo? Io e la Frà, mia amica d’infanzia e compagna di viaggio, ci siamo scoperte ancora teenager, a spasso tra orsi, panda e affettuosi gorilla (all’apparenza).


E per finire, un’ultimo wurstel, una boulette (simil hamburger di maiale) e una Berliner Weisse.


 

10 ore al giorno di camminate, chissà quanti chilometri percorsi, 3 wurstel mangiati e troppe Berliner bevute.
Quattro linee metropolitane cambiate, 3 ristoranti visitati e almeno 40 bancarelle fotografate.
Eppure.
Eppure tre giorni a Berlino non sono niente.
E questo può voler dire solo una cosa …

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