Le cose più belle.

DI Chiara Maci | 31 Dic 2016

Le cose più belle le ho scritte e non le ho mai pubblicate.

Sono li, in quel librone stampato quasi di nascosto nella copisteria della facoltà di lingue di Bologna. Lingue e non giurisprudenza, perché se mai mi avessero riconosciuto mi sarei vergognata a morte.

In quelle pagine c’era tutta me stessa.

C’era il mio lavoro, i miei amori, c’erano nomi inventati per paura che qualcuno le leggesse mai, quelle pagine. Come se tutti potessero conoscere Marco, Giulio e chissà chi altro.

In realtà pochi, i miei pochi eletti, hanno avuto modo di leggere quei miei scritti ma credo si siano annoiati, per lo più.

Perché siamo realisti, le cose più belle sono le più belle per me.

È per questo che non sarò mai una scrittrice. È per questo che quell’inizio di libro che ho sognato negli anni di pubblicare non ha mai visto la luce.

Perché io scrivo quando mi va. Scrivo per me, non per gli altri. Scrivo per alleviare dei pesi e scrivo per rileggermi, come tutti.

Le cose più belle le ho scritte in movimento. Su di un treno al ritorno di un evento, nei pellegrinaggi roma-milano quotidiani durante le registrazioni di Cuochi e Fiamme, su decine di aerei presi da sola in giro per il mondo. Se solo avessi potuto, avrei scritto anche in macchina, alla guida.

Deve essere la strada che mi ispira. Deve essere il lasciarsi indietro un paesaggio e attraversarne altri, sempre diversi. Deve essere quel desiderio intimo di cambiamento che vive dentro di me e che non riesce a farmi stare ferma.

Deve essere la strada, semplicemente. I chilometri, le facce diverse, i compagni di viaggio, i silenzi, i film visti in aereo mentre tutti gli altri dormono, i rumori, le canzoni alla radio che a volte mi fanno piangere e a volte mi fanno sentire una ragazzina.

Le cose più belle non hanno età. È questa la cosa più bella. Le rileggo spesso, ogni volta che faccio un trasloco mi ritorna tra le mani quel librone pesante in bianco e nero. Io, in fila. Si chiama così. Si chiama così e tutti sanno perché.

Avevo 24 anni quando ho iniziato a scriverlo e, santo cielo, tra poco compirà 10 anni. Eppure.

Eppure lo rileggo e ritrovo sogni, desideri, paure, delusioni di una ventiquattrenne che sta crescendo e di una trentatreenne che cerca un equilibrio.

Come se l’avessi scritto ieri. Con la stessa penna, gli stessi periodi brevi seguiti da un punto e poi a capo.

Con quella mano sinistra che sognava di somigliare alla Fallaci e quei piedi per terra che mi hanno avvicinato alla cucina, più che alla scrittura, in un litigio continuo e ancora in atto tra due passioni forti, vivaci, concrete.

Le cose più belle sono pazze di vita. Piene fino a strabordare. Come se non ci fosse un domani o chissà, fosse fatto solo per rileggerle.

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