Mimmo Alba. Il ristorante, a Napoli.

DI Chiara Maci | 15 Mag 2013

Ogni pietanza è frutto di una ricerca e di un “sentire”
che trovano ispirazione in un gusto antico,
che parte dal cuore, passa per la mente e si conclude nel palato.
Sapori integri, non alterati dalle alte cotture,
rispettati nella naturalezza, non guastati dagli eccessi di sale.Nudi prodotti “bio” a km 0. È questa la vera ricetta,
l’essenza della mia cucina.Quella che con amore e dedizione vi presento,
esaltata dalle migliori caratteristiche del mare e della terra.

Il “nostro” mare.
La “nostra! terra.

Tradizione e tipicità, gli elementi su cui estro e ricerca,
personalità e personalizzazione s’incontrano

donando, ai nostri graditissimi ospiti, un momento, ci auguriamo, di POESIA.
Mimmo Alba
Entrare nella cucina di Mimmo Alba è fare un viaggio nella storia.
Quella del Regno delle Due Sicilie, nel Settecento. Ve ne avevo già parlato qui.
La cucina dei Monzù di Sicilia incontra quella dei Borboni di Napoli, in cui tradizioni popolari italiane si fondono con abitudini aristocratiche francesi.
Alimenti semplici vengono cucinati dagli chef di corte con arte raffinata, in un’alchimia di sapori e odori. La pasta da in brodo diventa asciutta, arricchita da sughi con base il concentrato di pomodoro, e la si scopre protagonista di gustosi timballi; il riso da medicamento nelle malattie gastrointestinali si rende, nel sartù, cibo ricercato; i prodotti della terra, animali selvaggi e di allevamento, e i pesci del mare conoscono abbinamenti di dolce e salato fino ad allora mai proposti.
Mimmo Alba reinterpreta la storia portandola ai giorni nostri. Parte dalle ricette originali dell’epoca e le rivisita secondo il gourmet.
Una cucina senza sale, perché il suo utilizzo modificherebbe il sapore degli ingredienti e quindi del cibo. Ama definire il gusto dei suoi piatti inusuale e goloso.
Un’attenzione alla stagionalità delle materie prime, che arrivano da fornitori selezionati, in grado di garantirne la qualità. Anche la scelta del socio risponde a questa esigenza: Pietro Micillo, che nella sua azienda agricola coltiva ortaggi e legumi ormai dimenticati, come torzella, cicerchia flegrea, fagiolo a formella e Papaccella pomodorino giallo.
“Utilizzo gli ingredienti poveri dell’epoca e mi lascio guidare dal mio estro e dal mio istinto. A partire dai sapori: nel Settecento si ricercavano forti e saporiti, oggi si preferisce qualcosa di più delicato. La stessa ricetta può cambiare, in base a quello che ho a disposizione. Mi piace creare ed emozionare” racconta Mimmo Alba.
Chiuso tra le mura dell’antica dimora gentilizia di Palazzo San Teodoro, a Napoli, il ristorante di Mimmo Alba stupisce nei minimi dettagli.
Stile minimalista, perché – come lo stesso chef racconta – “è come una bella donna, deve indossare l’indispensabile”.
L’ambiente e l’atmosfera sono caldi. I tavoli, cinque in tutto in uno spazio 5×5 m, è come se non ci fossero, sono lasciati completamente al buio. Nella penombra rimangono anche le persone. La luce è esclusivamente sul piatto, perché è il piatto l’unico protagonista.
Tovagliato in canapa naturale e tovagliolo bianco non fanno che mettere ancora più in risalto le tonalità del piatto. L’unica nota colorata concessa è quella del bicchiere dell’acqua.
Di prestigio e raffinatezza è anche la carta scelta per i menu: per gli uomini, per le donne (in cui non sono presenti i prezzi) e carta vini. Tutti e tre sono stati realizzati su carta Amalfi, ancor più impreziosita da una particolare lavorazione: immersa nell’acqua, viene toccata da gocce di colore che si imprimono su di essa formando disegni e figure astratti.
C’è un’altra caratteristica che rende il ristorante di Mimmo Alba un unicum: la mattina si trasforma in negozio, in cui degustare ed acquistare tutti i prodotti dell’Azienda Agricola Micillo. Legumi e ortaggi diventano ingredienti di gustose combinazioni, frutto dell’arte di Filippo, figlio di Pietro Micillo, messe sottovuoto in barattoli di vetro. Le stesse che lo chef utilizza nella sua cucina.
Anche negli orari di apertura del ristorante è possibile acquistare i prodotti.
Ristorante e negozio vanno così a comporre quella che Mimmo Alba definisce la sua “cattedrale del cibo”.
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