E Vienna fu.

DI Chiara Maci | 14 Giu 2011

Amo Vienna, dove ho trascorso una parte della mia vita. Ancora di più amo i suoi dintorni, dove si possono fare lunghe passeggiate, meditare, studiare la natura, andare a caccia di idee e riflettere sul trambusto della vita mortale

– Anacleto Verrecchia, Rapsodia viennese-

 

E così Vienna. Non so spiegarvi il perchè. Inizialmente doveva essere lavoro, poi, all’ultimo minuto, rimandato. E allora ho preso un volo, una camera d’albergo, la mia Canon, il mio inseparabile trolley e sono partita, sola.

Quando lavori per te stessa, i giorni liberi non coincidono mai con quelli dei tuoi amici.

Per scelta, forse. Scelgo di lavorare il sabato e la domenica e di prendere un volo un lunedì, quando tutti sono chiusi dentro le quattro mura di un ufficio.

Parto da un’immagine, per raccontarvi la mia Vienna.

 

Il mio taxista è turco. Di Istanbul.

Mi racconta, nel tragitto aeroporto-hotel, cosa visitare il giorno seguente. Mi parla dei due cafe’ che hanno reso famosa la viennese torta Sacher, l’omonimo Sacher e lo storico Demel, mi suggerisce di visitare la cattedrale di St. Stephan, il Museum Quartier, l’Albertina, la via principale dei negozi, ma soprattutto mi narra di un giardino, un roseto nei pressi del Parlamento. Parliamo entrambi una lingua non nostra, ma ci capiamo.

Vienna è una città educata e ordinata –ogni volta che esco dall’Italia mi colpisce l’ordine e l’educazione.

Chissà perchè

Una città elegante in cui si confondono con piacere eleganti signore in dirndl (avete presente l’abito tipico austriaco e tirolese? ecco, quello) e giovani alternativi universitari che sembrano provenire da mondi diversi. Si respira rispetto. E questo mi affascina.

Con una mappa alla mano, per sentirmi meno sola, e gli auricolari alle orecchie, per sentirmi più a casa, inizio la mia scoperta.

Cominciando da una fetta di torta Sacher.

Compatta, ma umida. Con una glassa forse un po’ troppo dolce ma ben equilibrata con i restanti sapori.

Una panna ad accompagnarla decisamente montata al momento, quindi ottima (detesto la panna spray) e un menu proprio accanto a me, sul quale leggere la storia dell’apprendista Franz Sacher, sedicenne alle prime armi, che superò di gran lunga il suo maestro, con la creazione di questa torta che diventerà simbolo di una città e di una nazione.

Proprio accanto all’hotel Sacher, ecco l’Albertina. Il museo, che fu il più grande palazzo residenziale degli Asburgo della città, ospita una delle più significative e complete collezioni grafiche a livello mondiale.

“La collezione comprende 50.000 disegni ed acquarelli e circa 900.000 opere incise e serigrafiche, testimonianze artistiche che vanno dal tardo gotico al presente”.

Da qui riesco a guardare Vienna, dall’alto.

Il sole è tenue e una leggerissima brezza agita i capelli delle anziane turiste tedeche. Sorrido.

Vorrei che qualcuno mi scattasse una foto in questo momento.

Mi dirigo verso il Museum Quartier, passando dalla cattedrale di St Stephen’s. Attraverso la via dei negozi e mi guardo intorno. Un sacco di gente. Eppure un silenzio ovattato. Probabilmente saranno gli auricolari. Sarà Vasco che mi canta nelle orecchie. Sarà che ho la testa altrove, in certi momenti.

Sarà che non è la prima volta, a Vienna.

Questi alcuni scatti di monumenti, vetrine di pasticcerie e specialità culinarie.

Qui sotto il pesto di asparagi viennese (in questa città gli asparagi vanno per la maggiore).

Inutile dire che sono riuscita a trovare i nani anche qui, in un negozio splendido, accanto al Museum quartier. – Un negozio che consiglio a tutte le food-blogger, perchè fornito di splendide stoviglie (che ovviamente non ho potuto comprare) e di ottime specialità alimentari. Mi metto alla ricerca del nome e vi aggiorno

 

In realtà nel centro di Vienna non ho visto negozi di specialità tipiche locali, ma questo si risolve senza problemi visitando qualche ristorante tipico o “in voga” al momento.

Nel mio caso ho scelto la prima sera lo Sky Restaurant (al settimo piano, per una vista mozzafiato), dove ho mangiato un ottimo branzino con crema di capperi e limone (e strane verdure di accompagnamento) e un delizioso tris di Valrhona chocolate dessert. Assolutamente poco “viennese” quindi. Ma, fidatevi, una vista su Vienna impagabile.

La seconda sera ho optato per una delle migliori Wiener Schnitzel della città. Da Oswald & Kalb.

Un piccolo tavolino all’aperto, un tramonto quasi alla fine e qualche chiacchera con il cameriere viennese.

La “cotoletta” più buona degli ultimi anni. L’avranno anche copiata ai Milanesi, ma decisamente merita.

Per il resto della giornata, mi sono data a pasticcerie, assaggiando studel divini e kipfel con la marmellata.

Cosa mi sono persa, quindi? I gulash, gli spezzatini, le frittatine in brodo. Ma ci tornerò, magari con il freddo, e non mi farò mancare nulla.

 

Perchè quella foto iniziale? Perchè nel roseto del taxista turco, ci sono stata.

Ho guardato il volto di quell’uomo seduto sulla panchina. E’ rimasto li per ore. E non ha mai distolto lo sguardo. Mi sono seduta dietro di lui, l’ho guardato e ho ricordato Vienna, 20 anni fa.

Do not disturb.

Ero poco più di una bambina, in vacanza con i miei genitori e l’amica del cuore. E ho rivisto quel roseto e ho ricordato quei paesaggi. E ho fotografato. Il buffo litigio tra me a Monica per l’unica bambola disponibile in un piccolo negozietto del centro di Vienna, ma anche noi due alla ricerca del gelato al cioccolato più grande della città e sempre noi due a divorarci la sacher dei nostri genitori.

Una sorella, un’amica d’infanzia, una compagna di vita. Fino a che la vita ha voluto.

E questo post è a lei che va. 20 anni dopo.

A tutti gli hamburger mangiati insieme di nascosto, alla prima sigaretta sul tetto di casa mia, alla spremuta piena di zucchero, alle recite scolastiche, alla prima sacher insieme, alle corse su è giù per la discesa, alle prime partite a pallavolo nel cortile di casa, alle urla di tuo padre, a tutte le volte che ci siamo date una spinta su quell’altalena, alla separazione inevitabile di 600 km, ai ritorni sempre meno frequenti, alla scelta di studiare giurisprudenza entrambe, ai giorni in ospedale attaccata ad una macchina, alle urla di chi ti ha visto andare via. Per sempre.

All’amicizia.

Per sempre.

 

– Grazie, Vienna. Perchè alle volte ricordare fa bene. Perchè alle volta tornare fa bene.
Perchè tu sai il perchè –

Condividi questo articolo