“Lui amava i nomi molto lunghi. Perché il nome corto è facile comunicarlo” diceva “ma dopo si dimentica”
E così Pasta del Capitano. Così Cera di Cupra.
Il primo un omaggio al Capitano che era stato Clemente Ciccarelli (capitano di cavalleria nel regio esercito Savoia), il secondo un omaggio alla città di Cupra Marittima.
“Se nel suo girovagare per il mondo, passa da Cupra Marittima, si fermi. E’ nelle Marche cosiddette “sporche”, quasi al confine con l’Abruzzo”.
“Era prima della guerra quando il nonno Clemente aveva questo callifugo e una piccola aziendina che non era ancora Ciccarelli, ma si chiamava Laboratorio di Santa Maria Segreta.
A raccontare, il dr. Marco Pasetti, nipote ed erede di Nico Ciccarelli, attuale presidente della Farmaceutici Dottor Ciccarelli, azienda 100% made in Italy con 68 dipendenti e un fatturato di circa 30 mln di euro. L’azienda si è sviluppata a Milano dove, ancora oggi, ha sede l’intera filiera produttiva, una struttura tecnologicamente all’avanguardia, con personale altamente specializzato e la stessa missione di sempre: unire la tradizione farmaceutica all’innovazione della ricerca, per creare prodotti di alta qualità.
“Mio zio Nico un po’ studiava farmacia e un po’ lavorava. Andava in giro a vendere callifughi con un suo collega che vendeva il purgante e fu così, girando le farmacie, che capì la figura del farmacista, come vendere e come farlo nel migliore dei modi.
Poi ebbe l’intuizione del dentifricio. Le formule le avevamo già dal nonno Clemente.
I Farmacisti pensavano “Ciccarelli ha fatto i soldi con il callifugo, ora se li mangia con il dentifricio” e fu esattamente il contrario. In questo modo dalla dimensione di piccola realtà Ciccarelli diventa un’importante Azienda, con la missione di valorizzare al meglio la qualità dei prodotti , il Made in Italy, e l’innovazione.
Negli stessi anni nacque Carosello, una nuova forma pubblicitaria.
Era difficilissimo avere uno spazio all’interno. Venivano venduti a cicli di 6. Pensi che uno veniva trasmesso ogni 12 giorni. Pensi alla differenza con gli spot televisivi di oggi, circa 30/40 volte al giorno. Altri tempi.
Un giorno a Torino, dal Generale Fiore che elargiva i Caroselli, ottenemmo il primo.
Con quella forma di pubblicità noi riuscimmo a vendere il giorno dopo quasi tutti i prodotti. I telefoni erano impazziti. E cosi prendemmo i testimonial: Giorgia Moll, Carletto Dapporto, Barbara De Rossi, Beba Loncar, Senta Berger. E fu proprio mio zio Nico Ciccarelli il primo a metterci la faccia. Dietro il tubetto c’era una persona. Lui voleva comunicarlo. Ed era un’idea innovativa e assolutamente all’avanguardia negli anni ‘60.”
Io invece ero entrato in azienda per scommessa. O semplicemente perché “eravamo bravi ragazzi”.
Io avrei voluto fare il giornalista, come mio padre, Aldo Pasetti (“un bell’uomo con in più il fascino del cronista”).
Ma lo zio Nico mi chiese di laurearmi in Farmacia, entrai a lavorare con lui e nel 1977 mi trovai a dirigere un’azienda senza i due uomini che fino ad allora mi avevano cresciuto (mio padre morto due anni prima e lo zio Nico) e nell’anno in cui il Carosello finì e con lui un’intera epoca.
La storia di Marco Pasetti, quella della sua famiglia e della sua piccola e poi grande azienda, ha il fascino di un pezzo di storia italiana che amo ascoltare. Gli anni che non ho vissuto ma che ho letto, che mi sono stati raccontati, gli anni del boom economico, gli anni delle nuove forme pubblicitarie e dell’ingresso nella grande distribuzione, in Italia e all’Estero.
“La formula del Capitano” è il libro che ho ricevuto dal dr. Pasetti (insieme ad altri due libri scritti da suo padre Aldo e che leggerò quest’estate) e che racconta i segreti della famiglia che ha fatto sorridere gli italiani. E’ una storia di famiglia, appunto, e di un’impresa italiana cresciuta negli anni con innovazione e conservazione, due parole importanti quando si parla di aziende famigliari.
A pag.133 il dr. Pasetti scrive “Ci sono due tentazioni che ho imparato a evitare. La prima è il me too. Quella frenesia che ti prende quando vedi i concorrenti, che nel nostro caso sono quasi sempre multinazionali, che fanno un balzo in avanti, che tirano fuori un nuovo prodotto o una nuova campagna di comunicazione particolarmente ben riuscita. In quel momento è forte la tentazione di dire: anch’io. Me Too detto in inglese.
Se però ti metti all’inseguimento sbagli perché perdi di vista la tua specificità e i tuoi punti di forza: creatività e velocità operativa”
La seconda è la tentazione del conservare. Hai raggiunto una certa quota di mercato e pensi: ”adesso devo solo mantenerla”. E’ a quel punto che cominci a scivolare indietro, all’inizio è solo un lento bradismo, un movimento lento, poi la spirale accelera. Motus in fine velocitor, dicevano i latini, ed è vero: se entri nella spirale cominci a scendere sempre più veloce verso il punto di non ritorno.
E’ un capitolo che è anche una importante lezione di gestione aziendale. E’ il racconto di come una PMI può crescere senza voler diventare per forza una multinazionale. Ma è anche il racconto forte di un amore, quello con la moglie Grazia che li ha lasciati nel 2006 e quello con i figli Monica e Luca.
“Vedere un figlio crescere in azienda è una sensazione strana. Spero di essere stato un buon capo e un buon padre”.
Le ultime righe del libro commuovono. Sono un augurio alle nuove generazioni, sono un saluto affettuoso all’azienda che è stata una vita e un pezzo di storia. Sono le parole di un uomo che voleva fare il giornalista ma che è diventato “un farmacista prestato all’imprenditoria” e lo ha fatto nel migliore dei modi.
– Ho incontrato Marco Pasetti l’8 maggio 2017 nella sede di Farmaceutici Dottor Ciccarelli. Parte dell’articolo nasce dai suoi racconti, parte dal libro La Formula del Capitano, stampato nel 2013.