Marco Fadiga Bistrot – Bologna

DI Chiara Maci | 10 Lug 2013

Marco Fadiga Bistrot.
Nel centro di Bologna, esattamente dietro casa mia e a pochi passi dalle due torri.
Il ricordo di un ottimo ristorante e di un pesce freschissimo.  Un locale conosciuto a Bologna, dove ho deciso di tornare, con mia sorella e mia madre, per sperimentare qualcosa di nuovo.
Prenotiamo per 3, ore 21. Veniamo accompagnate al nostro tavolo con una carta dei vini.
Il menu cartaceo non esiste. Originale. Apprezzo lo spirito di diversificazione. I piatti sono scritti sugli specchi e su un cavalletto che viene spostato di tavolo in tavolo, a seconda dell’arrivo dei clienti.
4 antipasti circa. E lo stesso per i primi e i secondi. Poca, pochissima scelta. Ma optiamo per uno spiedino di bufala e crema di ceci.
Accidenti. Lo spiedino non c’è. E’ stato sostituito da uno spiedino di polenta e salsiccia. A fine giugno. Cominciamo bene.
Io e mia madre ordiniamo un “Sembra una panzanella con gambero”. A Bologna diremmo “sembra una panzanella, in realtà è una ferla (fregatura)”. Servita in un calice da cocktai, due cubetti di melone, qualche accenno di sedano, UN GAMBERO. Ottima, ma una porzione così riesce a sfamare a malapena mio nipote di un anno. 9 euro.
La signora del tavolo accanto al nostro mangia il gambero e inizia a scavare nel bicchiere, in cerca di altri simili.
Mia sorella ordina invece un classico foie gras con brioche calda e rimane estasiata.
1-0 per il foie gras.
Proseguo con una tartare di orata con frutta secca e fresca. Molto buona. Porzione da nouvelle cousine che, a mio parere, è un po’ in disuso. 15 euro.
Al “quasi stesso prezzo” della mia tartare, leggo di uno “spaghetto pomodoro e basilico più buono del mondo” e spero lo sia davvero per 13 euro, un tripudio di crostacei con astice per 78 euro, una “pizza marinara senza pizza” che mi incuriosisce, ma non a tal punto da ordinarla.
Il servizio è scadente. Mi dispiace dirlo, ma i camerieri non invitano certo a tornare. Il sorriso è un optional e io a queste cose ci guardo, sorry.
Angela sceglie un risotto squaquerone, pepe, olive nere e fiori di zucca. L’equlibrio è un miraggio. Il formaggio che copre completamente il sapore degli altri ingredienti, ma soprattutto gli altri ingredienti non pervenuti neanche con una ricerca accurata. La signora del tavolo accanto al nostro, intanto, continua a cercare i gamberi nella panzanella, non volendosene fare una ragione.

Speriamo di rifarci con i dessert. Mia madre e Angela si lasciano tentare dal punto forte del locale: il sigaro. Una cialda croccante di frutta secca con crema e salsa al sigaro Cohiba.
Io scelgo un pavè di cioccolato con gelato al cioccolato fondente.
Ora, io dico. Sul sigaro non mi esprimo, parlano i piatti rimasti quasi intatti delle mie compagne di sventura. Ma il mio pavè. Accidenti, abituata ai pavè di Trish.
Questo non è un pavè, chef. Questo è un tortino, talmente asciutto che necessita di qualcosa di cremoso e fresco in abbinamento. Ma non di un gelato al cioccolato fondente. Due gusti eccessivi insieme. Un abbinamento da “primi passi in cucina”.
Risultato di questa cena: 45 euro a testa per mangiare una cucina assolutamente poco creativa, fatta di ottima qualità di pesce crudo, ma anche di braccino cortonel dosare questa prelibatezza.
Prezzi decisamente troppo cari, abbinamenti scontati e, personalmente, poca voglia di tornarci.
Ahimè, ce l’avevo proprio dietro casa.

– la signora ha dovuto rinunciare al gambero –

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