Un Siciliano a Roma. Filippo La Mantia.

DI Chiara Maci | 20 Mar 2013

“La vedi quella bandiera della Sicilia come sventola, oggi? quella bandiera è il mio orgoglio”

Ci sono cose che considero indispensabili per poter scrivere di un ristorante, di una cucina, di un cuoco.
Una di queste, la più importante, si chiama Passione. Chi mi conosce lo sa.

Sarà perchè io il cuore lo consumo, a forza di metterlo in ogni cosa che faccio. Sarà che sono una donna del sud, io. Sarà che sono una di quelle veraci, un po’ come le vongole di cui scrivevo pochi giorni fa. Sarà che mi piace ritrovare nel piatto di un cuoco quegli ingredienti che lo hanno cresciuto e che lo rappresentano, in qualche modo. Sarà che provo attrazione per gli equilibri. Quelli che permettono alla genuinità di sposarsi felicemente con il buon gusto, senza eccedere e senza mancare in nulla.
Sarà che mi piace scrivere di pochi. Nel bene e nel male. E mi piace consigliarvi mossa da un’emozione.

Un sorriso, una tradizione di cui essere orgogliosi, una cura del dettaglio e una spontaneità ormai rara.

Questo è Filippo La Mantia.

Un Siciliano a Roma.

Una caponata da farti venire voglia di tornarci, in quel baglio vicino Marsala.
Una norma che ti fa sentire a tuo agio con la tua amica che non mangia pesce e “cose elaborate”.
Un pesto di agrumi che ti ricorda quella vacanza in cui hai capito che Milano non poteva essere la tua città.
Un pistacchio ricorrente che ti rimanda ai primi cannoli mangiati a Palermo con i tuoi genitori quando eri bambina. Quelli che “mi raccomando si riempiono all’ultimo momento per lasciarli croccanti”.

Sono stata al Majestic, da Filippo, più di una volta.
Non mi sono avvicinata alla sua cucina con la supponenza di voler giudicare, cosa troppo di moda ormai.
Mi sono aperta alla sua cucina con la voglia di rilassarmi. Abbandonarmi ad un piatto, senza doverlo obbligatoriamente studiare, sezionare, dividere e poi ricostruire.
Insomma, avevo voglia di emozionarmi con un piatto, senza capirne la tecnica, per una volta.
Avevo voglia di cuore, prima che di chimica applicata.
Sono entrata sempre con un sorriso, magari stanco (dopo 10 ore di registrazione) e ne sono uscita con un sorriso, rilassato.
Perchè rilassato è l’ambiente, nonostante l’eleganza e la dovuta formalità. Perchè rilassante è lui e la sua cucina, fatta di “niente aglio e cipolla”, ma di colori, profumi coinvolgenti e assaggi necessari.

Oggi è stato il primo brunch.
Dovevo provarlo, per raccontarvelo.
Qui ho fatto alcuni scatti veloci, prima che la gente prendesse d’assalto il buffet.
Nell’ordine piatti a base di pesce e di carne, intervallati dai classici della tradizione siciliana, come gli anelletti infornati (mia prima scelta), la pasta alla norma, il cous cous, i mini arancini in bianco, la famosa caponatina, i cannoli con ricotta e pistacchi, la cassata siciliana.

La terrazza su via Veneto è piena. Il clima romano aiuta con i suoi 20 gradi.
Io ho un treno alle 15.05 che mi riporterà a Bologna e non ho voglia di prenderlo, oggi.
Ma devo. E allora mi godo piccoli dolci assaggi di Sicilia, prima di scappare.
E invidio il mio vicino di tavolo, che, al quarto calice di vino, torna dal buffet entusiasta con il suo quinto piatto pieno. Penso che il brunch domenicale sia una meravigliosa invenzione. E penso che in fondo, in questo angolo siciliano a Roma, sento meno la mancanza del mare.

– Per il brunch domenicale il prezzo è di 50 euro, vini compresi –
Per info, visitate il sito www.filippolamantia.com

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